di Fabrizio Pes, tuo babbo ...
Gli antefatti sono già stati condivisi con chi ti segue in questo Blog. Ciò che forse non ho mai provato a raccontare è l'emozione di quel 28 ottobre 2008. Fosti puntualissima... 28 ottobre doveva essere, e 28 ottobre fu. E nonostante ciò, i giorni immediatamente precedenti quasi sembravano normali. All'apparenza. Perché in realtà furono vissuti in apnea dal sottoscritto, determinato a disertare pure la sala parto, coerentemente con quel latente "cagasottismo", in queste occasioni parecchio difficile da nascondere.L'estate non accennava a...
...mollare la presa. Le giornate erano ancora calde e asciutte. E per esorcizzare la fifa, cercai di viverle senza stravolgimenti. Per cui alla vigilia della scadenza andai regolarmente a lavoro, anche se presi permesso al pomeriggio, perché era lunedì, e il lunedì era giorno di tracciati.Al tardo pomeriggio, poi, andai, come di consueto, all'allenamento. Ancora mi divertivo a tirare due calci al pallone, in quella che da oltre dieci anni era (anche) la mia squadra amatori (il mitico Linas 97)... e in quella occasione affrontai la seduta col nokia in tasca, cercando di fingere tranquillità... anche a me stesso.
Manco dovessi partorire io.
La realtà è che in gravidanza, la burocrazia sanitaria trasmette ansia. Mille esami, mille controlli, mille statistiche... quindi mille dubbi. Aggiungiamoci lo sfinimento di quattro lunghissimi anni di attesa... alla fine, insomma, è normale che ti caghi.
Terminato l'allenamento tornai dritto a casa, saltando merende, chiacchiere e docce... e cenai regolarmente. Tutto filava liscio... anche il dopo cena, trascorso sul divano, cercando in Zelig un po' di distrazione. Il sonno non prendeva il sopravvento, anche se eravamo agli esordi del nuovo orario, cambiato giustappunto due notti prima. E fu in questo clima di apparente tranquillità che arrivò improvvisa, e silenziosa... quasi coatta, la tanto attesa "perdita". Bastarono poche parole... tipo "mi sa che mi si sono rotte le acque..." per catapultarmi io, che pure non dovevo fare un cazzo, nel panico più totale.
Non riuscii per niente a mascherare il mio stato d'animo. Tremavo come una foglia. E mi battevano i denti. Giuro.
I borsoni erano già pronti... manco a quelli dovevo pensare... e trovai faticoso anche solo raggiungere l'auto e metterla in moto.
Il viaggio fu una sfida a due a tenere sotto controllo il respiro. Avevo più bisogno di attenzioni io che mia moglie. Tutte quelle circonvallazioni e rotonde, a San Gavino ancora non c'erano... e per raggiungere l'ospedale mai mia idea fu più maldestra. Imboccai infatti la strada per la Fonderia... quella si, ancora uguale a oggi. Lo slalom tra le buche non riuscì alla perfezione, col risultato che il processo di "espulsione" s'accelerò. E ai parcheggi i sorrisi erano già più plastici.
E l'ostetrica, infatti, subito sentenziò che saremmo diventati genitori di li a pochissimo, avvicinando il mio cuore alla soglia della fibrillazione.
Ci chiusero in una stanza e le sopravvenute contrazioni confermarono che era tutto vero. Io non ho granché altro da raccontare (magari lo potrà fare Sabrina nei commenti), anche perché iniziai a sudare copiosamente, e a perdere progressivamente lucidità. Mi limitavo al compitino che mi fu assegnato, che prevedeva massaggi sui fianchi. Ricordo che all'inizio la stoffa della vestaglia, al tatto, era liscia liscia, poi, tant'era l'energia che ci mettevo, si fece tutta a palline. Una presenza, comunque, la mia, al minimo sindacale... azzarderei insignificante, e col vomitino peraltro sempre minaccioso.
Ogni tanto venivo "liberato"... ma non riuscivo a stare seduto. Intrapresi quindi un vai e vieni nel corridoio antistante. Percorsi chilometri avanti e indietro, in quel silenzio ovattato, immerso nel blu delle luci.
Il travaglio mi sembrò velocissimo... per me che non l'ho provato sulla mia carne. E già dopo qualche ora (forse quattro) la scena si era già spostata in sala parto. Mi fu detto "è ora, andiamo..." fiondandomi nel più totale imbarazzo. Ovviamente io annui, ma non andai da nessuna parte, e continuai la mia mezza maratona nei corridoi... spingendomi qualche volta qualche passo più avanti, a sbirciare tra le ante socchiuse. A farmi compagnia non c'era nessuno. Per il semplice motivo che non avvertimmo nessuno, optando per la sorpresa.
Altri particolari non ne so riferire. So che eravamo a ridosso delle cinque del mattino e che fuori pioveva. Anche se lo scoprii solo poi. Ricordo poi che ad un certo punto arrestai il mio ciondolare e mi concentrai sui suoni e sui rumori. Avevo la sensazione che il parto si fosse compiuto, ma non sentivo piangere. Furono pochissimi ma interminabili secondi, forse minuti, col cuore in gola... ma poi mi rassicurarono le voci del personale che riuscivo ad ascoltare distintamente. Personale che varcò l'uscio del reparto a sorpresa, riuscendo a cogliermi in flagrante ad origliare, presentandosi in squadra al mio cospetto col fagottino tra le braccia, congratulandosi e invitandomi, con tuttavia malcelata perculaggine (che meritavo tutta), a raggiungere un'altra sala per assistere a lavaggi e misurazioni di rito.
Fui travolto dall'emozione. Incrociai - "si fa per dire" - per la prima volta lo sguardo con la mia dolcissima Marika. Dimenticandomi, con mia grandissima colpa, pure le sofferenze della neomamma, che in un attimo, scalò al secondo posto tra le donne della mia vita. Seguì quelle persone come un invasato, senza mai togliere loro lo sguardo di dosso. Assistetti però a tutto il rituale con crescente rilassatezza, col sonno che cominciava finalmente a prendere il sopravvento.
Subito dopo mi trasferii in camera, dove mi lasciarono giusto il tempo di una fotografia...
...prima di essere invitato a lasciare l'ospedale. Tutto sembrava procedere per il meglio... le mie donne dovevano riposare, e io giustamente ero di troppo. Era ormai l'alba, e l'attività ospedaliera evidentemente prossima al riavvio.
Giunsi in paese con le luci del giorno. E come scritto prima scoprì che pioveva. L'estate aveva appena ceduto il passo all'autunno... perchè l'aria era diventata anche improvvisamente frizzante. Rincasai solo dopo aver avvisato i nonni e mandato qualche sms (i social erano ancora roba solo per pochi pionieri), e mi addormentai coccolato dall'impeto dei tuoni incalzanti.
Marika restò qualche giorno a San Gavino, come prassi consolidata, a ricevere attenzioni e visite di benvenuta, e varcò l'uscio di casa la prima volta alle 13:20 del 30 ottobre, accomodandosi in salotto, sotto lo sguardo attento dei suoi bodyguard Romina e Filippo...
Mi fermo qui... per non rovinare un post che racconta quello che è stato il primo (stupendo) capitolo di un'avventura comunque unica. Anche se scritto col cuore infranto, per colpa di un... fine non esattamente lieto. Un fine che ha distrutto il futuro, ma che non può opacizzare sedici anni di straordinaria bellezza, vissuto da me, da "beato tra le donne".
Farti da padre... Un privilegio. Per sempre grato, Marika mia.
Ti amo 💓.
🥺🥺🥺🥺🥺
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RispondiEliminaMeravigliosa storia della nascita di un grande amore indimenticabile
RispondiElimina❤️💫
RispondiEliminaConfermo tutto quello che ha raccontato babbo... è stato amore a prima vista... Non ci hai messo molto a venire al mondo... Eri grandetta ma questo non ti ha impedito di nascere normalmente... Le fasi del travaglio e parto non le ricordo benissimo (e per fortuna che si dimenticano!!!) però una cosa me la ricordo bene:tu dormisti tutto il giorno... I parenti venivano a conoscerti e tu te ne stavi beatamente addormentata nella culletta... Un altra cosa me la ricordo benissimo:gli occhi lucidi e orgogliosi di tuo nonno Salvatore quando ti guardò e mi disse GRAZIE!! ❤️
RispondiEliminaMolte persone mi dissero che per l'emozione,dolore,stress e fatica avrei pianto... E io aspettavo questo momento... Tutto il giorno, la notte nella solitudine del buio, il giorno dopo, i primi momenti dopo la dimissione... Ma nulla... Alla fine avevo capito... Non avevo nessun motivo per piangere (ora purtroppo ho molti più motivi e momenti per farlo😔)... Stavo vivendo il mio miracolo tanto desiderato, stavo benissimo e tu eri veramente un angelo... Eri motivo di gioia e di profondo orgoglio e spesso, guardandoti, mi meravigliavo io stessa che tu fossi veramente mia figlia... Ora mi rendo conto che è stato anche un privilegio averti come figlia... Ti ho amata dal primo istante che ti ho vista e ti ho potuta tenere stretta tra le mie braccia e ancora continuo ad amarti, anche se non potrò più abbracciarti... Sei il mio Angelo ❤ Amore mio di me
❤️
RispondiElimina❤️ cerco di leggere il blog quando ho tempo per piangere.. perché non riesco a leggere nulla senza affondare nelle lacrime. Questo post e’ pure divertente, ti sei descritto benissimo Fabri, ti ci vedo proprio e mi hai fatto sorridere. Ma il finale e’ sempre quello. Lacrime. Lacrime amare. Perché e’ difficile accettare tutto questo. Vi voglio bene. Mari manchi. ❤️
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